Ho trovato Detective
Selvaggi in una libreria d’usato nel centro di Roma. Mi aspettava, chissà
da quanto, nascosto sotto una pila di romanzi ingialliti. L’ho letto in due
settimane, nonostante la mole del libro e i miei impegni di lavoro,
ubriacandomi di quella scrittura febbrile e dolorosa. Bolaño rovescia le parole
sulla pagina come se avesse un’urgenza interna che il lettore (e forse lo
scrittore stesso) non riesce mai a sviscerare appieno. Il risultato è un mistero
latente che aleggia in tutto il romanzo, una sorta di inespresso, un “non so
che”, un’ansia che non riesce a sfogarsi ma che tutti noi abbiamo provato almeno
una volta nella nostra vita.
una specie di presente
giovedì 27 giugno 2019
martedì 16 settembre 2014
Acne
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A scuola era sicuramente il più bello di tutti. Era incredibile: tutti i ragazzini, compreso io, gli giravano sempre intorno. Forse era perché aveva il naso piccolo e dritto, i capelli biondi che erano erbetta incolta, portati un po' di lato, che non faceva altro che toccare e arricciare tra le dita davanti ai nostri sguardi ammaliati. O forse era per gli occhi azzurri, quasi grigi, più potenti di un comando, di una bomba, dei programmi TV che ci incatenavano sul divano dopo scuola. I nostri genitori si conoscevano da tempo e io ero uno dei pochi che aveva il privilegio di giocarci insieme. Mi era concesso di muovermi nella sua stanza, tra i suoi quattro libri e i vestiti ammucchiati su una sedia, di sedermi sul letto dove la sera si addormentava e di conoscere più di ogni altro l'odore della sua pelle (shampoo puro, sudore acerbo). Conoscevo quella stanza a memoria e mi accorgevo subito se anche un solo oggetto era stato spostato. Quando mi toccava sparivo in un altro mondo, una bolla di sapone che esplode.
A scuola era sicuramente il più bello di tutti. Era incredibile: tutti i ragazzini, compreso io, gli giravano sempre intorno. Forse era perché aveva il naso piccolo e dritto, i capelli biondi che erano erbetta incolta, portati un po' di lato, che non faceva altro che toccare e arricciare tra le dita davanti ai nostri sguardi ammaliati. O forse era per gli occhi azzurri, quasi grigi, più potenti di un comando, di una bomba, dei programmi TV che ci incatenavano sul divano dopo scuola. I nostri genitori si conoscevano da tempo e io ero uno dei pochi che aveva il privilegio di giocarci insieme. Mi era concesso di muovermi nella sua stanza, tra i suoi quattro libri e i vestiti ammucchiati su una sedia, di sedermi sul letto dove la sera si addormentava e di conoscere più di ogni altro l'odore della sua pelle (shampoo puro, sudore acerbo). Conoscevo quella stanza a memoria e mi accorgevo subito se anche un solo oggetto era stato spostato. Quando mi toccava sparivo in un altro mondo, una bolla di sapone che esplode.
domenica 31 agosto 2014
Buoni motivi per venirti a trovare
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Giulia è una di quelle persone che devono spostare continuamente di lato la ciocca che cade davanti alla fronte. Sembra indispensabile che ora il sole la illumini sull’orecchio traforato di pirsing mentre parla dello schifo che ha mangiato tre giorni fa al ristorante indiano.
domenica 9 giugno 2013
Quando la mamma era morta il padre l'aveva sostituita con un pappagallo
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Quando
la mamma era morta il padre l'aveva sostituita con un pappagallo - una semplice
Ara Aruana, tutta blu, gialla e
verde. Antonio odiava i pappagalli; e
i loro escrementi a riccioletto, grigio-bianchi e semi liquidi, le zampe da
mummia, gli occhi lucidi e fissi. Non
sopportava i loro versi agghiaccianti, i loro sguardi sconvolti, la lingua dura
e rosa che spuntava ogni tanto dal becco arcuato e orribile. Più in generale, aveva
un'avversione totale nei confronti di qualsiasi volatile
giovedì 3 gennaio 2013
Riflessioni della settimana, rubrica delle cose a caso
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1.
Forse
è una fissa degli americani, o forse è una cosa particolarmente divertente.
Dopo che per l’ennesima volta i piccoli uomini che vivono dentro la TV hanno
avuto lo sfacciato coraggio di ritrasmettere per la 562957200ma
volta Mrs Doubtfire, mi sono reso
conto di quante commedie americane hanno come fulcro centrale della storia un
uomo che si traveste da donna (e viceversa, per esempio Funny Money o Victor Victoria). Basta guardare la lista delle 100 migliori commedie americane per averne la
conferma: al primo posto c’è A qualcuno
piace caldo, dove, come si sa, due musicisti si devono travestire da donne
attempate per sfuggire ad un gruppo di mafiosi che vuole ucciderli. E al
secondo posto c’è Tootsie, con un
Dustin Hoffman in versione femminile. La lista potrebbe continuare, ma ci siamo
capiti. Perché fa così ridere questa scenetta? È vero, i film americani (come
anche le vecchie commedie di Plauto, che sono né più né meno identiche alle
commedie cinematografiche/teatrali odierne o un po’ più addietro alle commedie
di Shakespeare (in cui infatti i travestimenti uomo/donna ricorrono spesso))
vivono di macchiette, situazioni stereotipe e personaggi fissi. Il gioco della
sessualità, il cambio d’abito, la distruzione o rimessa in discussione della
dicotomia uomo-donna è uno dei temi centrali di ogni commedia di sempre. I
commediografi (spesso più saggi dei filosofi o degli intellettuali tout court) l’hanno sempre capito e
hanno sempre cercato di utilizzare il gender
performativity per suscitare l’ilarità e la sovversione delle regole. A
lungo andare, forse, smetterà di far ridere, perché avremo tutti imparato a
giocare con la sessualità e i suoi mummifichi cliché.
mercoledì 5 dicembre 2012
La fine del mondo e il Ragazzino Al Dopobarba
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Mentre
cammino lungo il viale che porta all’università, tra piccole gocce di pioggia
che si appiccicano sul mio cappotto, mi chiedo per quale motivo le poesie
contengano quasi sempre riferimenti alla natura. Alla luna, alla terra, al
mattino, alle albe, ai tramonti. Non parlano mai di detersivi, capelli,
forbicine, schermi digitali, lampadine, penne, centri commerciali, cacca, asfalto,
tarocchi, biblioteche, coca cole, gel igienizzanti o telefonini. La pioggia fa
un rumore chiassoso quando si abbatte tra le cose, sembra una lavatrice ante litteram
che lava tutto senza centrifugare. Dalle cuffiette del mio Ipod esce un pezzo
di John Coltrane. Mi sembra di stare a Parigi, in uno di quei film in cui ci
sono molte sigarette, solo bianco e nero e dialoghi brillanti. Dei bambini
vanno a scuola, io faccio elenchi mentali. Di quello che ho fatto, di quello
che non ho fatto, di quello che mi annoia, di future liste possibili.
martedì 18 settembre 2012
Cosa ho visto: Il Divo di Sorrentino
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Quello
che colpisce guardando il Divo di
Sorrentino è soprattutto l’intricata trama di complotti, affari, strette di
mano sotterranee e torbide. Così fitte e intricate che a volte si perde il
filo. Sorrentino ha voluto certamente creare appositamente questo effetto di
disorientamento. Era l’unico modo per mettere in evidenza un modo folle di
esercitare il potere, di un machiavellismo radicale e, di fatto, mafioso.
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